Ancora oggi l’umanità è ben lontana dal raggiungere il suo obiettivo principale: “una economia mondiale ambientalmente sostenibile con un uso razionale ed equo delle risorse”. Purtroppo l’economia è la sola realtà che conta in questa nostra società dei consumi ed è alla base del degrado ecologico in cui viviamo oggi. Essa è anche la ragione prima che spinge gli uomini a viaggiare da un angolo all’altro della terra, per riempire le loro tasche, e che ha portato gli stessi Capi di Stato a riunirsi più volte per cercare di risolvere questo scottante problema. I loro imperativi, ufficialmente, sono “integrare le strategie ambientali e le politiche economiche; considerare l’interdipendenza tra il benessere dei popoli e quello del mondo biologico; limitare i consumi; conservare le biodiversità; frenare l’aumento demografico. Resta ancora irrisolto l’interrogativo più interessante: quando queste belle frasi verranno messe in pratica?
Orami a pochissimi giorni dall’alba del 2000 il mondo sembra guardare al nuovo millennio con un unico sentimento: ottimismo responsabile. In alcune zone dei paesi Occidentali molti parametri ambientali stanno decisamente migliorando: il tasso di inquinamento tende a stabilizzarsi, e talvolta a diminuire, e le foreste a recuperare terreno. I problemi ecologici più gravi si stanno spostando verso il Sud del mondo, dove i parametri ambientali dei paesi in via di sviluppo, dove risiede l’80% della popolazione globale e dove, nei prossimi decenni, nascerà la maggioranza dei bambini, vanno sempre più a peggiorare.
Si prospetta, così, lo scenario di un mondo composto di una serie infinita di “tasselli” con situazioni ambientali diverse, come un disastroso mosaico.
L’aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera, mantenendo i ritmi attuali, tra tre anni sarà superiore al 15% ed il mondo dovrà affrontare il cambiamento climatico dovuto al riscaldamento del pianeta, che causerà alluvioni, siccità e incendi, come già accade in Sud Asia.
Questo cambiamento del clima, per altro già in atto, non è causato solo dall’aumento dell’emissione di anidride carbonica e di gas di scarico, generati anche dai combustibili fossili, nell’atmosfera: esso è aggravato dalla deforestazione in atto nell’America tropicale. Le grandi industrie “rubano” alberi secolari per trasformarli in infissi e parquet di lusso per i paesi sviluppati, noncuranti del fatto che la foresta tagliata non ricresce più perché si altera il suo equilibrio e si distrugge l’intero ecosistema che vi gravita intorno, animali e uomini compresi.
Ogni anno distruggiamo migliaia di specie viventi, animali e vegetali, preziosissimi per tutti gli esseri che vivono sull’intero pianeta terra. Negli ultimi anni sono aumentate le aree protette, ma anche le specie in via di estinzione; per proteggere la biodiversità bisogna ridurre la crescita demografica e l’estrema povertà del Sud del mondo e l’eccesso di consumi del Nord.
Il problema dell’aumento demografico planetario è sul tavolo delle priorità da molti anni, ma solo da poco tempo ci si è resi pienamente conto del legame imprescindibile tra la crescita della popolazione ed il degrado sociale ed ambientale. Come fare? Forse riducendo le disparità sociali ed economiche, soddisfacendo i bisogni primari dei paesi sottosviluppati: educare, dare forza, formazione e potere alle donne; assicurare assistenza sanitaria ed opportunità economiche; sfamare e portare cultura e tecnologie moderne; non brutali programmi di contraccezione e sterilizzazione forzata (come in Cina), ma progetti di ampio respiro. In una parola: “dare”, e non soltanto “prendere”. E quando anche dall’Africa arriveranno dati confortanti sulla scolarizzazione, sull’assistenza, sullo sviluppo, specie per chi oggi vive in condizione di estrema debolezza, come le donne e i bambini, potremo dire di essere sulla strada giusta per risolvere questo problema.
Se ci riusciremo potremo lavorare anche sull’altro, quello dell’emigrazione dal Sud del mondo verso i paesi sviluppati. L’emigrazione è causata, però, anche da guerre e calamità naturali, oltre che dalla fame e dall’insicurezza socio-economica: ma se risolveremo il problema del sottosviluppo gli altri si risolveranno di conseguenza. Non dobbiamo trascurare il fatto, però, che anche la distruzione radicale degli ambienti sta spingendo e spingerà masse di uomini, popolazioni intere, a fuggire dai propri luoghi d’origine per riversarsi nei paesi “civilizzati” alla ricerca della stabilità economica o della speranza di un futuro. spero di esserti stata d'aiuto ciaoooooooooooooo
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Tema sull'inquinamento: cause ed effetti
Ancora oggi l’umanità è ben lontana dal raggiungere il suo obiettivo principale: “una economia mondiale ambientalmente sostenibile con un uso razionale ed equo delle risorse”. Purtroppo l’economia è la sola realtà che conta in questa nostra società dei consumi ed è alla base del degrado ecologico in cui viviamo oggi. Essa è anche la ragione prima che spinge gli uomini a viaggiare da un angolo all’altro della terra, per riempire le loro tasche, e che ha portato gli stessi Capi di Stato a riunirsi più volte per cercare di risolvere questo scottante problema. I loro imperativi, ufficialmente, sono “integrare le strategie ambientali e le politiche economiche; considerare l’interdipendenza tra il benessere dei popoli e quello del mondo biologico; limitare i consumi; conservare le biodiversità; frenare l’aumento demografico. Resta ancora irrisolto l’interrogativo più interessante: quando queste belle frasi verranno messe in pratica?
Orami a pochissimi giorni dall’alba del 2000 il mondo sembra guardare al nuovo millennio con un unico sentimento: ottimismo responsabile. In alcune zone dei paesi Occidentali molti parametri ambientali stanno decisamente migliorando: il tasso di inquinamento tende a stabilizzarsi, e talvolta a diminuire, e le foreste a recuperare terreno. I problemi ecologici più gravi si stanno spostando verso il Sud del mondo, dove i parametri ambientali dei paesi in via di sviluppo, dove risiede l’80% della popolazione globale e dove, nei prossimi decenni, nascerà la maggioranza dei bambini, vanno sempre più a peggiorare.
Si prospetta, così, lo scenario di un mondo composto di una serie infinita di “tasselli” con situazioni ambientali diverse, come un disastroso mosaico.
L’aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera, mantenendo i ritmi attuali, tra tre anni sarà superiore al 15% ed il mondo dovrà affrontare il cambiamento climatico dovuto al riscaldamento del pianeta, che causerà alluvioni, siccità e incendi, come già accade in Sud Asia.
Questo cambiamento del clima, per altro già in atto, non è causato solo dall’aumento dell’emissione di anidride carbonica e di gas di scarico, generati anche dai combustibili fossili, nell’atmosfera: esso è aggravato dalla deforestazione in atto nell’America tropicale. Le grandi industrie “rubano” alberi secolari per trasformarli in infissi e parquet di lusso per i paesi sviluppati, noncuranti del fatto che la foresta tagliata non ricresce più perché si altera il suo equilibrio e si distrugge l’intero ecosistema che vi gravita intorno, animali e uomini compresi.
Ogni anno distruggiamo migliaia di specie viventi, animali e vegetali, preziosissimi per tutti gli esseri che vivono sull’intero pianeta terra. Negli ultimi anni sono aumentate le aree protette, ma anche le specie in via di estinzione; per proteggere la biodiversità bisogna ridurre la crescita demografica e l’estrema povertà del Sud del mondo e l’eccesso di consumi del Nord.
Il problema dell’aumento demografico planetario è sul tavolo delle priorità da molti anni, ma solo da poco tempo ci si è resi pienamente conto del legame imprescindibile tra la crescita della popolazione ed il degrado sociale ed ambientale. Come fare? Forse riducendo le disparità sociali ed economiche, soddisfacendo i bisogni primari dei paesi sottosviluppati: educare, dare forza, formazione e potere alle donne; assicurare assistenza sanitaria ed opportunità economiche; sfamare e portare cultura e tecnologie moderne; non brutali programmi di contraccezione e sterilizzazione forzata (come in Cina), ma progetti di ampio respiro. In una parola: “dare”, e non soltanto “prendere”. E quando anche dall’Africa arriveranno dati confortanti sulla scolarizzazione, sull’assistenza, sullo sviluppo, specie per chi oggi vive in condizione di estrema debolezza, come le donne e i bambini, potremo dire di essere sulla strada giusta per risolvere questo problema.
Se ci riusciremo potremo lavorare anche sull’altro, quello dell’emigrazione dal Sud del mondo verso i paesi sviluppati. L’emigrazione è causata, però, anche da guerre e calamità naturali, oltre che dalla fame e dall’insicurezza socio-economica: ma se risolveremo il problema del sottosviluppo gli altri si risolveranno di conseguenza. Non dobbiamo trascurare il fatto, però, che anche la distruzione radicale degli ambienti sta spingendo e spingerà masse di uomini, popolazioni intere, a fuggire dai propri luoghi d’origine per riversarsi nei paesi “civilizzati” alla ricerca della stabilità economica o della speranza di un futuro. spero di esserti stata d'aiuto ciaoooooooooooooo
fai una ricerca studia,e di latua solo la tua